Non era marijuana light ma droga, condannati due agricoltori di Viterbo
Due anni e 8 mesi otto di reclusione e 8000 euro di multa per uno, e 4 anni di reclusione e 10mila euro di multa per l’altro. Sono le pene patteggiate in tribunale a Viterbo dai due gestori di una attività che coltivava essiccata e coltivata canapa indiana. I due hanno beneficiato dello sconto di un terzo di pena a seguito della richiesta di patteggiamento, sono stati condannati al pagamento delle spese processuali e non hanno potuto ottenere la sospensione condizionale della pena.
Si è arrivati alla sentenza di condanna dopo che, nel settembre 2022, la Guardia di Finanza di Viterbo, in collaborazione con la Sezione aerea di Pratica di Mare del Reparto operativo aeronavale di Civitavecchia, ha individuato tre estese porzioni di terreno con annesso capannone magazzino, dove veniva coltivata, essiccata e lavorata canapa qualificata come light dai titolari dell’attività.
I primi accertamenti hanno portato a ritenere che si trattava di sostanza stupefacente non light, giacchè veniva superato il limite del principio attivo previsto dalla legge per considerare tale attività lecita.
Per questo è scattato il sequestro probatorio di varie aree agricole per complessivi 21mila mq, 3.700 piante di canapa in coltivazione, un capannone di 350 mq, un locale commerciale di 120 mq, 416 chili circa di Marijuana, 3 chili circa di Hashish, 6 chili circa di polvere di Hashish, 3,5 chili circa di semi non certificati, 1,6 litri circa di olio con estratto di canapa, attrezzi agricoli ed attrezzature varie utili per le coltivazione, lavorazione, trasformazione della canapa nonchè documenti attestanti gli incassi e 14mila euro in contanti, costituenti l’incasso di una giornata di lavoro.
Le successive analisi svolte dal laboratorio di Biologia Molecolare dell’Università della Tuscia – Dipartimento di Scienze Ecologiche e Biologiche (D.E.B.), confermavano i risultati investigativi ed in particolare che la sostanza sequestrata conteneva un quantitativo di “tetraidrocannabinolo” (c.d. THC) superiore al limite consentito dalla normativa per una coltivazione legale, e, pertanto, sotto l’apparente produzione e vendita di “canapa light”, si celava una vera e propria produzione/trasformazione della canapa condotta in maniera illecita, tale da riscontrare livelli di THC superiori fino a 30 volte a quelli previsti per le coltivazioni di canapa “legale”.
Quanto sequestrato deve essere considerata a tutti gli effetti “sostanza stupefacente” vera e propria che, se immessa sul mercato, avrebbe fruttato milioni di dosi di marijuana ed rilevanti introiti.