Cinque anni di inferno per una 24enne, botte, aggressioni, maltrattamenti del marito e violenza sessuale. L’uomo è finito a processo
VITERBO – Un matrimonio combinato e cinque lunghi anni di minacce, percosse, segregata in casa per cinque anni e con obbligo a subire violenze sessuali. Questo il quadro che si sono trovati di fronte i sanitari a cui la giovane donna 24enne si è rivolta dopo l’ennesima aggressione del marito. Cinque anni di inferno, una vita umiliante e dolorosa”. L’uomo di 32 anni nato nella Tuscia ma anche lui di origini marocchine, è finito a processo davanti al collegio dei giudici del tribunale di Viterbo per maltrattamenti in famiglia, lesioni personali e violenza sessuale.
Secondo l’accusa, i fatti si sono consumati in un comune della provincia nell’ambito di un matrimonio combinato. La giovane donna sarebbe stata vittima di continui atti di violenza fisica e psicologica da parte del marito, che per futili motivi l’avrebbe insultata ripetutamente con epiteti degradanti e picchiata. “Cagna, scimmia, vacca” e giù schiaffi, pugni nella pancia e mani strette al collo.
Inoltre, avrebbe esercitato su di lei un controllo ossessivo, impedendole di comunicare con la famiglia, di lavorare e di frequentare corsi di lingua italiana, controllandole il cellulare, privandola dei documenti e delle chiavi di casa. Il tutto in un clima di costante ansia e terrore: “Una vita umiliante e dolorosa”.
Questo regime di violenza si sarebbe protratto dall’estate del 2018 al 23 luglio 2023, giorno in cui la 24enne, dopo l’ennesima aggressione a suon di pugni in faccia, ai fianchi e sulla gamba, è finita in ospedale e ha denunciato il marito. Il referto del pronto soccorso di Viterbo attesta che ha riportato un trauma cranico non commotivo e un trauma al torace destro, con una prognosi di dieci giorni di guarigione.
Il marito è accusato anche di aver costretto la moglie, “in più occasioni e approfittando di condizioni di soggezione e paura”, a subire rapporti sessuali contro la sua volontà, minacciandola di non comprarle beni essenziali e ricorrendo a insulti, offese e atteggiamenti aggressivi in caso di rifiuto.



