Estate, tra mare e montagna aumentano i vacanzieri che preferiscono i fiumi
Non soltanto montagna o mare. La scelta dei laziali in cerca di qualche ora di frescura durante il caldo estivo sembra spaziare anche alle sponde dei fiumi, purché non inquinati.
Il fiume, quindi, diventa una attrattiva turistica anche se di nicchia e limitata ai veri estimatori della natura, quella meno “condizionata” dall’uomo. I fiumi, spesso, sono immersi nel verde e le aree attrezzate che ne permettono l’accesso senza l’uso del machete sono quasi sempre strade bianche se non addirittura dei sentieri.
Nel viterbese, a Civita Castellana, le sponde del fiume Treja sembrano tornate a rianimarsi. Un ritorno, perché la tradizione locale già le indicava negli anni, avendo il mare ad almeno 80 chilometri di distanza, come luogo adatto in cui potersi rinfrescare.
La zona più frequentata è quella di Legata, dove il fiume si divide in due rami per poi ricongiungersi creando una sorta di isolotto.
“Questa è la spiaggia di Civita”, dice un nonno seduto su una seggiola con la parte bassa immersa nell’acqua, mentre osserva il nipote in costume che gioca a fare il pescatore. Adesso è vigente il divieto di balneazione ma “prima – ricorda l’uomo – il fiume scorreva su una breccia bianca, poi le cave di tufo lo hanno riempito di sabbia scura”. La stessa sabbia che in alcuni punti crea delle vere spiaggette.
Oltre a qualcuno che fa il bagno sfidando il divieto di balneazione, il vero piacere nel Treja è la passeggiata nel greto del fiume. La profondità non supera il metro, la corrente è sempre contenuta e permette, per lunghi tratti, piacevoli escursioni, camminando con l’acqua fino alle ginocchia con l’affasciante aspettativa di trovare un coccio o un frammento di qualcosa che possa far pensare di toccare un “pezzo di storia” degli Etruschi.
Non è raro trovare, o notare incastrate alle pareti, a 80 chilometri dal mare, conchiglie fossili risalenti a quando il mare, evidentemente, non era così lontano come adesso.
Ma la voglia di fiume spinge la gente verso la vicina Umbria, in particolare a Narni e al tratto di fiume Nera che lo attraversa. Acque cristalline ma anche freddissime richiamano alle Mole di Narni o a Stifone decine di bagnanti come fosse una spiaggia del mare.
Mentre la provincia di Latina, una striscia di terra costiera, resta vocata esclusivamente al mare, a chi vive nell’interno come la provincia di Frosinone resta la scelta di lunghe file in auto per raggiungere la costa o qualche vetta delle Mainarde, dei Lepini o dei monti Ausoni.
Cresce però il numero di persone che scelgono una terza via, quella dei fiumi. Nel cassinate o nel frusinate dove i corsi d’acqua non mancano, la gente è scoraggiata per lo più dall’inquinamento. Del resto, il famigerato fiume Sacco scorre proprio nel frusinate.
Ecco perché in molti si riversano in Molise, dove scorre la parte alta del Volturno e, nell’omonimo parco, a Colli al Volturno, tra cascate e vasche naturali che il fiume si è scavato nella roccia, oltre ai Ciociari ci si riversano tanti Campani.
A Roma in pochissimi si azzardano a toccare le acque del Tevere. “Un romano non lo farebbe mai, ha paura delle malattie e non ha tutti i torti”, sostiene Claudio Sisto, fotoreporter e direttore editoriale della rivista “Mondo sommerso” ma, soprattutto “fiumarolo”, è un profondo conoscitore del fiume dei romani. “Seppure pare che le analisi delle acque dicano che il Tevere stia migliorando – aggiunge – il fiume resta ancora inquinato e con divieto di balneazione.
Gli unici a tentare la sorte facendo il bagno sono quelli che vivono negli insediamenti abusivi lungo gli argini” oppure il tuffatore che a Capodanno fa il tradizionale tuffo da Ponte Cavour sfidando il divieto di balneazione. La voglia di Tevere, però c’è e lo dimostra il continuo tentativo che si fa per far decollare Tiberis, il prato verde sul lungotevere con 60 ombrelloni dove è possibile prendere il sole ma non fare il bagno. “Al momento il Tevere – dice Sisto – è vivibile soltanto su una barca o canoa, ma caderci dentro è rischioso”.
Quindi una potente risorsa turistica, oltre che naturalistica, è “chiusa” per inquinamento.