Uccise un connazionale nel Centro di accoglienza Carpe Diem, rimesso in libertà per buona condotta dopo quattro anni il 26enne nigeriano
ORTE – Uccise connazionale al centro di accoglienza Carpe Diem rimesso in libertà dopo quattro anni per buona condotta. Concessa la liberazione anticipata al 26enne nigeriano Imade Robinson. Il fatto si era verificato il 14 giugno 2020 uccise un connazionale con una coltellata al centro di accoglienza Carpe Diem di Orte, ieri Imade Robinson è stato rimesso in libertà dopo quattro anni per buona condotta.
Accusato di omicidio volontario, era stato condannato per omicidio preterintenzionale. Il processo di primo grado celebrato a Viterbo ha dimostrato come il 26enne, di nazionalità nigeriana, non abbia sferrato la coltellata per uccidere, ma per bloccare la vittima che si era chinata a raccogliere il coltello con cui lo aveva affrontato nel corridoio. Senza alcuna premeditazione.
Il tribunale di sorveglianza di Pescara ha accolto la richiesta di liberazione anticipata presentata dall’avvocato del difensore del 26enne nigeriano Imade Robinson, condannato l’8 novembre 2021 dalla Corte d’Assise del tribunale di Viterbo a cinque anni di reclusione per l’uccisione del connazionale Eugene Moses, accoltellato a morte all’età di 35 anni al Carpe Diem di Orte la sera del 14 giugno 2020.
“La domanda di liberazione anticipata può essere accolta- si legge nel provvedimento – in considerazione della prova di partecipazione all’opera di rieducazione fornita dall’istante nonché della buona condotta serbata dallo stesso”.
L’accusa aveva chiesto in primo grado una condanna a 20 anni per omicidio volontario. Il tribunale, riqualificando il reato in omicidio preterintenzionale, ha condannato Robinson a 5 anni di reclusione, applicando lo sconto di un terzo della pena chiesto dalla difesa.
Dal 2 dicembre 2021, un mese dopo la sentenza e dopo avere trascorso un anno e mezzo nel carcere di Mammagialla, sempre su richiesta dell’avvocato, all’imputato furono concessi gli arresti domiciliari, in Abruzzo a casa della sorella, che mise nero su bianco in una lettera di essere pronta a tenerlo con sé e la sua famiglia.
Eugene Moses è morto in pochi minuti dissanguato, cadendo pancia a terra dopo avere tentato di fare alcuni passi, documentati da una scia ematica nel corridoio. Il cadavere è stato trovato dai soccorritori riverso sul pavimento in una pozza di sangue, parte dentro e parte fuori la camera 211, mentre la coltellata sarebbe stata sferrata tra le camere 207 e 208.
Sotto il corpo della vittima il manico di legno di un terzo coltello, la cui lama insanguinata è stata trovata all’altezza delle stanze dove sarebbe stato colpito. Ma né i rilievi del Ris, né i testimoni sono stati in grado di svelare chi dei due lo avesse in mano e in quale momento dell’alterco sfociato in omicidio sia spuntato.
“Il mio assistito non ha colpito una persona disarmata – disse il difensore del 26enne durante la discussione – ha colpito Moses mentre era chino per raccogliere il coltello e tornare ad attaccarlo. Un coltello seghettato con la lama lunga 30 centimetri, che Moses aveva introdotto nel centro di accoglienza chissà perché, non un coltello da cucina usato per mangiare come quello usato da Robinson”.
“Imade non è un assassino – aggiunse – è uno dei pochi nigeriani che non beve, giocava a calcio, partecipava a tutti progetti per favorire l’inserimento”.