Ragazzina 14enne costretta, con botte e violenze, ad indossare il burqa e rispetto del Corano. Condannati madre e patrigno
VITERBO – È stata la ragazzina stessa a chiamare i carabinieri a denunciare quanto stava accadendo nella sua famiglia. Costretta ad indossare il burqa e ad osservare il Corano con le botte, per questo sono stati condannati la madre e il patrigno. I fatti risalgono al 2020 quando la 14enne ha denunciato ai carabinieri le violenze subite tra le mura domestiche. Poi il processo per maltrattamenti in famiglia davanti al collegio dei giudici del tribunale di Viterbo, che questa mattina ha emesso la sentenza. Due anni per entrambi, con sospensione della pena e non menzione della condanna.
La sera del 13 giugno 2020, la 14enne ha approfittato dell’assenza dei familiari per chiamare di nascosto i carabinieri: “Non ce la faccio più, ho paura”. Quando i militari sono arrivati nella sua abitazione, l’hanno trovata sola, vestita con un turbante nero e un lungo abito tipico musulmano. Ha raccontato di essere costretta a indossare il burqa e di subire punizioni fisiche, venendo picchiata con un bastone lungo circa 60 centimetri.
Ascoltata in modalità protetta con il supporto di una psicologa, la ragazza ha raccontato delle botte ricevute, dei divieti imposti dalla famiglia e delle punizioni se non rispettava le regole. Tra il primo e il 17 luglio 2020, ha inviato due messaggi vocali su Whatsapp a un maresciallo del nucleo investigativo, utilizzando di nascosto il telefono della madre. Nei messaggi la sua voce era tremula, parlava a bassa voce per non essere scoperta e piangeva. In uno di questi ha detto: “Mamma mi ha picchiato forte perché non riuscivo a ripetere un verso del Corano. Non si fermava. Ho paura e non ce la faccio più”. Un’amica della 14enne, ascoltata in aula, ha confermato il difficile contesto familiare: “Mi ha parlato di botte, maltrattamenti e violenza psicologica. La tenevano chiusa in casa e non la facevano uscire con le amiche. Le ho visto qualche livido addosso e mi ha raccontato che non trattavano bene nemmeno le sue due sorelle”. Il processo si è concluso con la condanna a due anni della madre e del patrigno per maltrattamenti in famiglia. La pm Aurora Mariotti aveva chiesto tre anni per entrambi. La ragazza, che dopo la denuncia era stata trasferita in una casa famiglia della provincia, è poi rientrata dai genitori. Non si è costituita parte civile



