Spaccio di droga al Mammagialla gestito dai detenuti. Le ‘ordinazioni’ arrivavano attraverso i pizzini

VITERBO – Spaccio gestito da detenuti all’interno del carcere di Mammagialla, è ripreso martedì con un rinvio a dicembre a causa del disinnesco della bomba di via De Gasperi il processo a tre imputati scaturito dalle dichiarazioni di un recluso pugliese che confidò agli inquirenti di avere acquistato una decina di volte droga, accusando di connivenza anche il personale della polizia penitenziaria.

Imputati un 56enne del Brindisino, la “fonte confidenziale” che ha “tradito” gli altri due, un 42enne di Roma e un tunisino 48enne residente a Padova, sorpresi a passarsi e confezionare stupefacente nel 2016. Sono tuttora detenuti i due italiani, mentre ha finito di scontare la sua pena il nordafricano. Dalle rivelazioni del pugliese sono scaturiti tre filoni d’indagine, uno dei quali sfociato nel processo allo stesso “informatore” e ai due pusher, il tunisino e il romano, spiati da penitenziari e carabinieri attraverso il circuito di videosorveglianza interno e anche col supporto di una videocamera portatile, usata per incastrare i sospetti nelle aree non coperte del carcere, senza farsi scoprire a loro volta.

Una sorta di film a episodi. Sette in tutto quelli andati in onda in aula su maxischermo il 9 febbraio 2022 davanti al collegio, su richiesta della pm Paola Conti. Commentati in diretta dal maresciallo Angelo Jesus Ciardiello, del nucleo investigativo del comando provinciale carabinieri di Viterbo.

Droga prenotata dai detenuti tramite pizzini. Le riprese risalgono ai mesi di maggio, giugno, luglio 2016, quando i due detenuti, impiegati come “spesini”, approfittando della disponibilità del magazzino e dei locali adiacenti, dove non erano presenti agenti, nascondevano e confezionavano lo stupefacente, ricavando involucri dalle punte della dita di guanti in lattice, da consegnare poi ai detenuti assieme alla merce ordinata. Le “prenotazioni”, come ha spiegato Ciardiello, avvenivano tramite pizzini. “Si vede il tunisino che sale sull’ascensore portavivande e poi si mette a leggere un foglietto, pensando che non fosse coperto dalle telecamere”, ha detto Ciardiello, descrivendo uno dei filmati.

Sciacquone tirato per finta al gabinetto. In un altro “spezzone”, i due presunti pusher parlano tra loro di soldi, confezionamento e distribuzione. E ancora: “Qui si vede il romano che preleva qualcosa dalla tasca e lo nasconde in un paio di scarpe sotto la scrivania”. Poi ci sono le riprese al bagno, dove l’italiano tirava per finta lo sciacquone per fare scena: “In realtà divideva e confezionava lo stupefacente che gli aveva dato lo straniero, che era il gestore del traffico e lo teneva nascosto nel magazzino”.

Blitz dei penitenziari il 4 luglio 2016. Data topica per le indagini quella del 4 luglio 2016 quando i penitenziari, allertati dai carabinieri, fingendo a loro volta un controllo di routine, per non tradire gli accertamenti tecnici in corso, hanno messo a segno un blitz, perquisendo il romano all’uscita dal bagno e trovandogli dello stupefacente addosso e altro nascosto in un termosifone, come visto in tempo reale dai militari che stavano sorvegliando cosa facesse al gabinetto.